Beppe Costa su “Quanto non sta nel fiato” di Duska Vrhovac

Lug 14, 2014 by

Cover Duska 27 aprile Solo PrimaNon molti sanno, salvo chi ha avuto a che fare con me, che sono solito amare la poesia e i poeti. Non tanto perché ho amici che scrivono ma, viceversa persone che scrivono (bene) diventano miei amici o da me, specie in passato, vengono sostenuti, qualora potessi dar loro qualche aiuto (anche solo umano).

Così è stato con tanti artisti, la gran parte purtroppo scomparsi.

Ma anche oggi, visto che la passione poetica sostiene la mia salute, continuo a scoprire poeti (Stefano Iori, Stefania Battistella, Iago, sono fra i più recenti.

Quando si tratta di autori stranieri, la lingua si frappone in qualche modo ed è più difficile il contatto. Ci vuole più tempo e impegno ma la soddisfazione è ancora maggiore.

Tradurre, come mi è già accaduto con Fernando Arrabal o Naim Araidi non è facile, e la lingua è anche relativa se non si entra nello spirito dell’autore, nella musicalità dei vocaboli usati, mantenendo quindi sia il senso, che il ritmo che il poeta ha nella lingua originale.

Questa introduzione, apparentemente superflua, è soltanto per spiegare brevemente e senza annoiare tutto ciò che in sintesi ho scritto sin qui (il buon lettore comprenderà oltre le parole).

Stavolta la scoperta si deve a Dona Amati e Ugo Magnanti (editori di Fusinilialibri) ed è un piacere ancora maggiore scoprire nel campo vasto e contorto della poesia di avere dei complici.

Grazie a questa prima pubblicazione (per l’Italia), Duska Vrhovac è ospite in occasione del Primo Festival al Femminile Eros e Kairós l’8 giugno al Ninfeo di Villa Giulia.

Duska arriva dalla Serbia ma, la propria terra, come accade ai veri grandi poeti, diventa il mondo. E i suo veri amici e complici i poeti. Più chiaro, forse, adesso?Così ascolto, sempre più attento i suoi versi asciutti, intensi, frecce doloranti prive di compiacimento, talora spezzati da feroce ironia, senza concedere scampo al dolore mentre racconta di sé, come destino di essere umano, colpendo con poche frasi cuore cervello stomaco di chi ascolta.

Ho avuto da pochissimo il volume e preferisco, come spesso capita in questo spazio, anziché esibirmi in complimenti e\o giudizi critici, riportare parte della prefazione attenta di Ennio Cavalli e, soprattutto, i versi dell’Autrice.

b.c.

[“Non devo più andare da nessuna parte, / tutti i viaggi possono cessare, / le fughe, le ricerche, ogni cammino”. Quanto non sta nel fiato di Duška Vrhovac si apre con questi versi, anzi si apre su questi versi, come una finestra sul destino, come una finestra sul domani. Ed è somma di paradigmi e incombenze, rischio pilotato, bilancio pieno di sovvertimenti.

Con astuzia sottintesa, Duška parte da una finta resa, riflessa nel titolo del primo capitolo, Il diavolo ha da tempo compiuto il suo lavoro, per impennarsi in momenti che sanno di catarsi: “Quanto senso sia rimasto / nell’ultimo atomo di clorofilla / nel vaso buttato dietro la porta chiusa / non è più una domanda, ma una risposta. / La risposta che si deve sottacere”. La sfida è senza cerimonie: “Ora la mia fame è così insaziabile / che non la sento più / e la notte così interminabile / che lungo sonno mi pare quest’insonnia”. Duška girovaga sul tappeto di cose terrene, tra impedimenti e contrappunti, fino a imbattersi in un amore senza tempo, non si sa se ricomposto o attuale, se sognato o appena esploso. La storia di questa esplorazione diventa colonna portante, sacca di drenaggio. Più il pensiero tenta azzeramenti, più si espande…]

 

La “voce” di Duska

Eppure

A questa mia unica vita

piccola e personale

quando penso

di rado

potrebbe andare molto bene

sarebbe anzi bella:

un po’ di primavera

erba

fiori

amori

una casetta

dei figli

un marito

un amante

dei parenti

amici
un grammo di carriera

bagliori

un briciolo di talento

giochi di parole

un anno dopo l’altro

occhiali sempre piu forti

e anche se

la morte è certa

questa è la vita

qui sono

qui sono stata

ho intessuto un nido

e gli uccellini poi

il canto festivo

ed è così umano

gradevole

caldo

che quasi ti viene da piangere.

Eppure

caro mio

a questa mia unica vita

piccola e personale

quando ci penso

e mi fermo a guardare

tolti gli occhiali

mi lascio un po’ trasportare

e copro gli occhi con le mani

non mi aiuta neppure la morte certa:

da quando l’uomo esiste

caparbio e abile

mente a se stesso.

 

Ventitré febbraio settantasette
Inatteso

come un segreto

o una vendetta

per tutta la notte qualcuno

ha martoriato la mia anima

fredda la mano

ruggine il palmo

gli occhi vuoti

non terreni

come se non intuisse

che non sono morta abbastanza:

non lo sono

e non penso

di aprire gli occhi umidi

anche se è buio

e non si vede

né quello che sono

né quello che non sono.

 

Volti Nuovi

 

Gli uni si sommano
Tutto sminuzzatogli altri si sottraggono.

svenduto a buon mercato.

Blasfemi nelle chiese

solitari nelle case

nelle maternità silenzio.

Nei posti importanti

persone insignificanti

segni illeggibili sulla fronte

fra amici sconosciuti

tutto spappolato

i nessi crepati

timori orrendamente confermati

inganni svelati improvvisamente.

Nessun malinteso.

Malato il corpo s’estingue

è in metastasi il cancro celeste.

Anche di questo gioco infine

si vedranno i personaggi.

Nascere

Solo nel passaggio

per la porta santa

fra i mondi

solo in questo

breve attimo

lui è tuo figlio.

Solo quando piangendo annuncia

il suo arrivo in questa valle

saprai che questo è tuo figlio

solo in quell’attimo mentre

esce dal tuo ventre

e passa dietro la tua soglia.

Solo fino a quest’attimo

il tuo sangue

scorreva nelle sue vene

e il tuo cuore al suo

dava il ritmo.

Ma dopo

dopo lo strillo

provocato dalla luce

vesti il lutto

e prega per lui, Madre.

La carne della tua carne

e il sangue del tuo sangue

quel tuo figlio dato dall’amore

e dal volere dell’onnipotente

diviene cittadino del mondo

diviene ape

nella folle arnia del pianeta

e il tuo ventre

contratto e vuoto

diviene solo il nido

rifugio caldo

per le sue

future cadute.

Si contrarrà

a ogni suo contrarsi

e sanguinerà per ogni

sua lacrima

e fino al giorno del giudizio

mai più

Madre unica

né te stessa

né pace

né libertà

avrai mai.

Sara

Quando gli occhi

s’incontrano

e si fissano

dimmi allora

la parola

che ti e rimasta in gola.

Sara

che sono sfuggita alla morte

come se ci fossimo

riconosciuti ancora.

TU

Per me hai fatto sì che tutto esistesse

il chiaro di luna, l’erba e l’acqua,

colore, suono e splendore

tutte le bellezze riflesse sulle mie finestre

e tutti i saluti volati alla mia porta.

Da quando sei venuto

la soglia di questa casa

s’è fatta fonte segreta di canto.

Sul tetto non un lume

ma una stella splende.

Tutti gli estremi

spontanei confluiscono nell’armonia.
Quando amavo te

Quando amavo te

costruivo intorno a noi una casa,

sotto la tua pelle deponevo

cellule infinite, fecondate,

al tuo sguardo destinavo il focolare,

dalla pietra facevo divampare il fuoco

e tu lievitavi e crescevi

come una fanciulla inebriata di baci.

Quando ti accoglievo

togliendoti a te stesso,

intorno al letto

disponevo i frutti maturi dell’autunno

e disegnavo rigogli di bambini,

mutando in latte le gocce di pioggia.

Quando amavo te

tutto ciò che era te, rimaneva in me

e io credevo che ci saremmo salvati.

Eppure ecco che ce ne andiamo,

e nessuno sa come ci scorderemo.

 

Poeti

 

I poeti sono una banda
di presuntuosi vagabondi,

interpreti ingannevoli

del quotidiano e dell’eterno

ricercatori vani,

smodati amanti,

cacciatori di parole perdute

inseguitori di strade e mari.

I poeti sono giardinieri superbi

di intricati giardini regali,

precursori di deviazioni stellari,

messaggeri di navi affondate,

violatori di sentieri segreti,

magistrali riparatori

di Carri Grandi e Piccoli,

raccoglitori di polvere astrale.

I poeti sono ladri di visioni,

scopritori di utopie scartate,

ciarlatani di ogni specie,

degustatori di piatti avvelenati,

figli degeneri e di professione seduttori,

cavalieri che volontariamente

alla ghigliottina offrono la loro testa

eseguendo da sé stessi la condanna.

I poeti sono custodi incoronati

dell’essenza risposta nella lingua,

amanti dei misteri insolubili

ammaliatori e provocatori,

sono i prediletti degli Dei,

assaggiatori di bevande portentose

e dissipatori vani

delle proprie vite.

I poeti sono gli ultimi germogli

della specie più sottile di esseri cosmici,

coltivatori di fiori bianchi interiori

e falsi creatori di mondi insostenibili.

I poeti sono interpreti dei segni perduti,

portatori di messaggi essenziali

e di avviso che la vita è inesauribile,

e l’universo un progetto mai finito.

I poeti sono lucciole sull’aia del cosmo,

conquistatori della grande fascia

di colori che fa l’arcobaleno

esecutori della musica sacra

da cui è nato l’universo.

I poeti sono invisibili interlocutori

nel silenzio sul senso e sul non senso

di tutto ciò che si vede e non si vede.

I poeti sono i miei soli veri fratelli.

 

 Beppe Costa

fonte: http://beppe-costa.blogspot.it/2014/06/duska-vrhovac-quanto-non-sta-nel-fiato.html

 

scheda libro

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