Antonio Sacco su “Haiku della buona terra” di Dona Amati

Lug 23, 2019 by

Antonio Sacco

Recensione ad HAIKU DELLA BUONA TERRA di Dona Amati

 

La silloge “Haiku della buona terra” di Dona Amati è costituita da ottanta poesie haiku, sette tanka e quattordici senryu. Alcuni haiku, fra quelli raccolti in questo libro, presentano come filo conduttore un’attenzione particolare verso il ritrarre la vita così com’è (shasei) ovvero così come, agli occhi della haijin, si è palesata la scena naturalistica dando origine a componimenti intrisi di un forte realismo. I versi di questi haiku spiccano per le loro vivide immagini, le quali testimoniano la capacità dell’Autrice di calarsi nell’atmosfera evocata di stampo soprattutto paesaggistico. Emblematico, in tal senso, lo haiku a pagina 64:

 

spiaggiate a riva
le meduse argentate
seccano al sole

 

Affiancati a questi tipi di componimenti ne troviamo altri di stile tipicamente issiano: la haijin è stata capace, cioè, di cristallizzare, in diciassette sillabe, aspetti naturalistici significativi che, alla stragrande maggioranza delle persone, passerebbero inosservati. L’attenzione verso tutto ciò che è piccolo e all’apparenza insignificante è segno di una sensibilità fine e sottile, mi riferisco, in particolare, a quegli haiku contenuti in questa silloge che presentano una grande evocatività e pregnanza nonché quelli in cui è evidente quella capacità di lasciarsi “attraversare dalle cose del mondo”. E’ questo il corollario estetico del mono no aware, il quale si estrinseca in un registro espressivo tenero e compassionevole che mira ad abbracciare ogni più minuto aspetto della realtà:

 

foglie strappate –
come può esser crudele
a volte il vento

 

Qui lo stacco (kireji), espresso mediante il segno interpuntivo del trattino, cade alla fine del kamigo (primo ku) separando, e al tempo stesso raccordando, le due immagini proposte (toriawase). In questo esempio in particolare la toriawase è del sottotipo della torihayasi perché le due immagini proposte si armonizzano a vicenda, quasi sostenendosi l’una con l’altra; tecnica compositiva questa che, del resto, ricorre di frequente in questa silloge.

Ancora, la haijin spesso si fa testimone anche del senso di profondità e mistero (yugen) e del fascino delicato che irradia il lettore dai suoi versi (shiori), notevole, in tal senso, questo haiku:

 

col primo sole
apparirà la bruma
Mantra al mattino

 

Per quel che riguarda le sette tanka, sono tutte accomunate da un leitmotiv imperniato sul senso della fugacità, transitorietà e caducità del bello e, proprio per questo, velato da una patina nostalgica e malinconica: “sera d’estate / nel giardino annaffiato / orme di cane. / Delle rose appassite / è rimasto il profumo”.

Poniamo attenzione allo shimo no ku (strofa inferiore) di questa tanka: “Delle rose appassite / è rimasto il profumo”: è la bellezza che sfiorisce ma non perde la sua essenza, è il fascino che svanisce pur persistendo la sua sostanza.

I quattordici senryu, genere letterario che fa della penetrazione nella natura umana il suo epicentro, spaziano dai più disparati aspetti e sfumature del sentire umano. Questo componimento, in particolare, mi sento di citare: “viviamo in noi / scorrendo i giorni freddi / senza rumore”. Un senryu spietato, crudo… vero.

Concludo sostenendo che, a mio avviso, la raccolta presenta spunti di notevole interesse per chi è attratto alle tematiche della poesia di derivazione estremo-orientale, non solo da un punto di vista stilistico-formale dei suoi componimenti ma anche per l’attenzione profusa dall’Autrice ai valori estetici tipici del genere poetico dello haiku.