Marco Onofrio su Antonella Rizzo, “Cleopatra divina donna d’Inferno”
Cleopatra divina donna d’inferno (Fusibilia, Roma, 2014, pp. 72, Euro 13,00) è un’opera originale e deliziosamente démodé: di quel “fuori moda” da cui, in tempi di conformismo culturale al ribasso, potremmo aspettarci i lieviti del futuro. La parola-chiave per entrare nel libro ècomplessità. La nomina la stessa autrice in una sorta di preambolo in limine, a p. 9, laddove – dopo aver citato la Cleopatra dantesca (Inf., canto V) inserita nel girone dei lussuriosi – estrapola dal mito condiviso della Regina d’Egitto l’aspetto nuovo e attualissimo della complessità, che la colloca oltre la «dicotomia intelletto-cuore di cui si tenta invano la separazione come garanzia di controllo delle azioni umane». La complessità di Cleopatra risuona in armonia con la ricerca poetica e umana di Antonella Rizzo, impegnata in un percorso antropologico di scavo nella diversità simbolica del femminile. E si traduce in una visione del mondo centrata sull’armonia dinamica dei contrari, alle fonti stesse del pensiero classico. Il libro si sviluppa come percorso di riflessione sul contrasto eterno che oppone, in termini complementari, sentimento e potere, cioè amore e psiche, vale a dire: vita e forma, e quindi natura e cultura.
Dalla parte dell’amore c’è la complessità, che è «causa di disordine e rovina»: indebolisce o annulla le difese, ma nutre l’anima come nient’altro. Eros è assenza di pregiudizio nella capacità di aprirsi al rischio dell’ignoto; è fuoco di rigenerazione («Avrò gesti lascivi / dolci ricompense / e al battesimo dei sensi / affogheremo insieme / nudi come anime»); è strumento di conoscenza superiore («Io ero l’amore e sapevo suggere polline da fiori sconosciuti e misteriosi»). L’amore getta l’essere «nella prigione della non-volontà, della non-coscienza». È esso stesso una “forma”, benché ricco di vita, e come tale è destinato a dissolversi e a «finire come tutte le cose del mondo».
Dalla parte della psiche c’è il riduzionismo semplificante della ragione, del pensiero lineare e programmato, che mette ripari difensivi ma illanguidisce l’anima. È un paradosso eterno e irrisolvibile: troppo amore porta a dissiparsi e a perdersi nel caos; toppa psiche porta a insterilirsi, a seccarsi come una pianta recisa. Come trovare il giusto equilibrio?
I protagonisti del libro sono un uomo e una donna di duemila anni fa, Cesare e Cleopatra, uniti dalla passione e dal fascino per la reciproca diversità culturale. Una coppia multietnica ante litteram.
Cesare è l’“ossessione” di Cleopatra, il suo «unico, grande amore». Con lui ha sperimentato la pienezza dell’abbandono: «persi il senno, tra le sue braccia». Ma è proprio perdendo il senno che si incontra la maggiore conoscenza, la «forza sovrumana». Cleopatra si ammala «gravemente» della divina pazzia che è la passione. Cesare le ruba l’anima, la rende donna e capace di darsi, di amare.
Cesare rappresenta il principio maschile; Cleopatra quello femminile. Cesare è il quadrato; Cleopatra il cerchio. Cesare è il sole; Cleopatra la luna. Cesare è marmoreo nell’aspetto e nell’agire, determinato, veloce, spigoloso, sicuro, integro, coraggioso; Cleopatra ha doti poliedriche e intuitive, e una malleabilità che la rende capace di introdursi nei segreti dell’anima altrui. Il fascino di Cleopatra è dato dalla bellezza esteriore, certo, ma soprattutto da un impasto di sensualità e «languore malinconico». Cesare appare come una «creatura ciclopica e immensa», mentre Cleopatra dice di sé: «Io ero lunare, uterina e d’umore mutevole». Cesare simboleggia dunque l’Occidente, Roma, l’uomo, il padre, il potere, la “lex” superba e marziale; Cleopatra l’Oriente, l’Egitto, la donna, la madre, lo spirito, la dipendenza dall’aldilà e dalla vita eterna.
Antonella Rizzo riesce a immergersi perfettamente nel pensiero primitivo di Cleopatra, a vedere il mondo come lei, ai suoi tempi, avrebbe potuto verosimilmente farlo, con uno sguardo ricco di ombre, intuizioni, premonizioni: «Un’ombra funesta aleggiava continuamente sul mio capo e mi lasciava presagire qualcosa di terribile, l’odore dolce e pungente del sangue si mescolava agli incensi e mi stordiva il sonno». Cleopatra ha una visione fatalistica del destino: «Chi cerca di manipolare il corso del destino rimane vittima dei suoi stessi artifici». C’è in lei una forte dimensione esoterica, che la mette in perenne contatto con le radici spirituali della realtà ordinaria. Sente dentro di sé Iside, eterna Madre, e lei stessa a un certo punto si dichiara «Iside personificata in terra». Questo processo di identificazione sconfina addirittura – entro i confini sfumati di una pagina memorabile, la 34 – in un processo di décalage cosmico, per cui la toilette mattutina di Cleopatra coincide con il farsi nel cielo dell’aurora.
«Oggi ho bistrato gli occhi con estrema cura. Lo faccio tutti i giorni nel silenzio dell’alba, quando i falchi e le aquile lasciano i loro nidi per la caccia (…) traccio sapientemente il profilo degli occhi con cura e mano ferma. Oggi li ho visti brillare così tanto che il mio pettorale d’oro e corniola aveva la luce di una caverna buia. (…) Sono Regina della mia disperazione, del mio dramma. Ma avanzo fiera incontrando il nuovo giorno: con gli occhi di brace».
Cleopatra è consapevole della propria diversità da Cesare, e la rivendica con orgoglio. Il suo ritratto profondamente femminile (i piedi piccoli, la schiena ambrata, il sorriso accennato, gli occhi bistrati ad arte, la voce dolcissima) lascia però emergere attributi di mascolinità: lo sguardo dritto e fiero, la mente lucida e raffinata, la fame di conoscenza, il multilinguismo, lo spirito indomabile. Cesare, con la sua indole dominante, si imbarca con lei in un difficile «tentativo di doma». Le abluzioni e gli unguenti con cui Cleopatra esercita la sua cura maniacale del corpo (giacché custode dell’anima) non impediscono di riconoscere, in lei, alcuni caratteri archetipici di Lilith, la donna ribelle che rivendica l’autonomia del proprio potere: «il potere di una donna ha ali libere». Cleopatra è ambiziosa, ha la necessità di «lasciare un segno indelebile», e si sente nel novero degli umani «eccelsi, allevati in stato di grazia e formati ad incarnare l’ideale massimo di Giustizia a Conoscenza». Una donna controcorrente, che non sa accontentarsi del poco e del quotidiano, e per la quale è impossibile conciliare la serenità con «l’appartenenza di diritto ai grandi Segni della Storia». Cleopatra finge di sottomettersi a Cesare per dominarlo: «quella mia dolcissima schiavitù lo rese dipendente dal mio miele». Eppure, attraverso le mani di Cesare, ruvide e tenere, Cleopatra comincia ad amare Roma e vi porta il nutrimento della preziosa molteplicità: «A Roma portai (…) quanto di più ricercato e prezioso i miei artigiani sapevano produrre, animali sconosciuti, donne, eunuchi, sete, datteri da palme, obelischi e veleni». Dopo l’avvento di Cleopatra le stanze del potere, a Roma, «sapevano di donna» e respiravano di bellezza.
Parte dell’originalità del libro è nella struttura formale desueta del prosimetro, e nella lingua gentilizia, alta, raffinata, godibile; una lingua ricca di echi letterari ma non artificiosa, potente e naturale nella sua concreta, corporea “classicità”. Una lingua che, soprattutto nelle prose liriche, si aggancia ad un substrato orfico e dannunziano, dove la musica prevale sui discorsi, il mithos sul logos: ci si abbandona all’onda dei suoni e si rischia continuamente di perdere il filo razionale; ma proprio a quel punto emerge la poesia, con la sua nutriente e ambivalente ricchezza. Questo potere meta-semantico è uno dei punti di forza diCleopatra divina donna d’inferno: anche perché l’opera si presta naturalmente alla dimensione teatrale e performativa di monologo/soliloquio: protagonista una donna che, dopo l’assassinio del suo grande amore, libera il cuore allo specchio della storia, rivelando le radici intime del suo sguardo e le ragioni poetiche di un mito che Antonella Rizzo, identificandosi con Cleopatra, ci permette splendidamente di rivisitare.
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Marco Onofrio (Roma, 11 febbraio 1971) è uno scrittore e operatore culturale italiano
Elenco volumi editi:
1. Interno cielo (Milano, 1993) – romanzo
2. Eccedenze (Roma, 1999) – racconti
3. Squarci d’eliso (Roma, 2002) – liriche
4. La dominante (Roma, 2003) – tragicommedia
5. Autologia (Roma, 2005) – liriche
6. La lampada interiore (Roma, 2005) – racconti
7. D’istruzioni (Roma, 2006) – liriche
8. Guido De Carolis (Roma, 2007) – saggio biografico e critico
9. Antebe. Romanzo d’amore in versi (Roma, 2007) – liriche
10. È giorno (Roma, 2007) – liriche
11. Emporium. Poemetto di civile indignazione (Roma, 2008) – poemetto drammaturgico
12. Ungaretti e Roma (Roma, 2008) – saggio biografico e critico
13. Dentro del cielo stellare … La poesia orfica di Dino Campana (Roma, 2010) – saggio critico
14. La presenza di Giano (Roma, 2010) – poemetti filosofici
15. Nello specchio del racconto. L’opera narrativa di Antonio Debenedetti (Roma, 2011) – saggio critico
16. Disfunzioni (Roma, 2011) – poemetti
17. Senza cuore (Roma, 2012) – romanzo
18. Ora è altrove (Roma, 2013) – liriche.
19. La scuola degli idioti (Roma, 2013) – racconti
20. Non possiamo non dirci romani. La Città Eterna nello sguardo di chi l’ha vista, vissuta e scritta (Roma, 2013) – saggi di argomento romano.
Curatele:
1. Lazio ieri e oggi. Indici delle annate I-XL (Roma, 2006) – rassegna bibliografica
2. Roma da scrivere (Roma, 2006) – racconti
3. Roma da scrivere 2009 (Roma, 2009) – racconti
4. Il mistero e la clessidra (Roma, 2009) – antologia critica della poesia di Aldo Onorati
5. Le vie dei colori. Guido De Carolis dal naturalismo all’astrattismo (Roma, 2010) – catalogo d’arte
6. L’amore ai tempi della crisi (Roma, 2010) – racconti
7. La Fede (Roma, 2013) – poesie e libri d’artista.
Pubblicazioni antologiche:
1. Riluttanti al nulla. 10 poeti del dissidio (Roma, 2007), pp. 81-92
2. Icaro (Roma, 2009), pp. 115-119
3. Andreottiana (Roma, 2009), pp. 103-114
4. Poeti e poesia. Rivista Internazionale, n. 19 (Roma, aprile 2010), pp. 56-61
5. Ritorno a Pavese (Roma, 2010), pp. 77-94
6. amore amore amore (Roma, 2011), p. 36
7. Racconti nella rete 2012 (antologia edita da Nottetempo – Roma, 2012, pp. 104-106)
8. I poeti contemporanei (Roma, 2013), pp. 12-18
9. I poeti contemporanei n. 56: 7 Autori (Roma, 2013), pp. 57-69
10. Il cammino della Poesia. Antologia poetica a cura di Elio Pecora (Roma, 2013), pp. 175-178
11. Caro Dante a cura di Renato Fiorito (Roma, 2014), p. 103
12. Perché tu mi dici: poeta? a cura di Andrea Bolfi (Torino, 2014), pp. 80-83.
13. Canti d’Amore, e-book de “I quaderni di Erato”, 2014, p. 28.
La sua produzione letteraria è stata oggetto di decine di presentazioni pubbliche presso librerie, caffè letterari, associazioni culturali, teatri, fiere del libro, scuole, sale istituzionali.
Alle composizioni poetiche di “D’istruzioni” Aldo Forbice ha dedicato una puntata di Zapping (Rai Radio1) il 9 aprile 2007.
Rappresentazioni:
I più furbi siamo noi (atto unico, inedito) al Teatro Colosseo in Roma, 3-5 luglio 1996
Emporium. Poemetto di civile indignazione, interpretato dall’autore medesimo al Kinà Art Cafè, Marino (RM), il 20 giugno 2008
Emporium. Poemetto di civile indignazione, interpretato da Antonio Sanna (accompagnato da Alessandro Pannatteri al pianoforte), Libreria Bibli in Roma, 18 maggio 2009
Emporium. Poemetto di civile indignazione, interpretato da Antonio Sanna al Kinà Art Cafè, Marino (RM), il 19 febbraio 2010
Emporium. Poemetto di civile indignazione, interpretato da Antonio Sanna e Francesco Sechi (accompagnati da Roberto Palermo alla fisarmonica) al Seminteatro in Roma, dal 18 novembre al 5 dicembre 2010
Emporium. Poemetto di civile indignazione, interpretato dagli stessi di cui sopra al Liceo Mamiani in Roma, l’8 aprile 2011
Emporium. Poemetto di civile indignazione, interpretato da Chiara Buccolini, Roberto Capitani e Marcella De Marinis al Teatro Petrolini in Roma, dall’11 al 13 marzo 2011
Emporium. Poemetto di civile indignazione, interpretato da Maria Enrica Prignani, Ernesto d’Argenio e Barbara Frascà al Teatro Petrolini in Roma, 6-7 giugno 2011
Emporium. Poemetto di civile indignazione, interpretato da Maria Enrica Prignani, Ernesto d’Argenio e Barbara Frascà al Brancaleone di via Levanna in Roma, 31 marzo 2012
Emporium. Poemetto di civile indignazione, interpretato da Antonio Sanna e Francesco Sechi (accompagnati da Roberto Palermo alla fisarmonica), Sala Nobile di Palazzo Savelli in Albano Laziale (RM), 28 aprile 2012
Emporium. Poemetto di civile indignazione, interpretato da Maria Enrica Prignani, Ernesto d’Argenio e Barbara Frascà alla Casetta Rossa di via Magnaghi in Roma, 7 luglio 2012.
La presenza di Giano, interpretato dagli autori medesimi, con accompagnamento musicale di Marcello Appignani, al Teatro Bernini di Ariccia (RM), il 23 marzo 2013.
La presenza di Giano, interpretato da Alex Pascoli, Francesco Sechi e dagli autori medesimi, con accompagnamento musicale live di Marcello Appignani (chitarra classica), Marco Ciampa (oboe) e Fabrizia Pandimiglio (violoncello), al Salone Monumentale della Biblioteca Casanatense di Roma, l’11 giugno 2013, presentato al pubblico con il titolo “Orazione di unione”.
Ha conseguito finora 28 riconoscimenti letterari, tra cui il Montale (1996) il Carver (2009) il Farina (2011) il Città di Torino (2013) e il Viareggio Carnevale (2013).
Elenco completo:
– Premi vinti (in grassetto: 1° classificato): “Montale“, “Carver“, “Mario Pannunzio”, “Farina“, “Città di Torino“, “Di Liegro“, “Terzo Millennio“, “Racconti nella rete”, “Io scrivo“, “Archè. Anguillara Sabazia Città d’arte“, “Il muro magico“, “Bagni di Lucca”, “La locanda del Doge, Rovigo”, “Insieme” (Il Messaggero, Roma);
– Finalista: “Penne Città di Mosca”, “Nabokov”, “Ensemble 2.0”, “Contini Bonacossi”, “Varcasia Città di Castrovillari”, “Cingari, Reggio Calabria”, “Colosseo d’oro, Roma”;
– Segnalato, selezionato e/o menzioni speciali: “La poesia nel cassetto (Università Cattolica del Sacro Cuore)”, “Antica Badia di San Savino, Pisa”, “San Domenichino, Massa”, “Viareggio Carnevale”, “Fogazzaro Jenne”, “Alberoandronico”, “Città di Sassari”.
Della sua opera si sono interessati e/o hanno scritto, fra gli altri: Giorgio Bàrberi Squarotti, Alberta Bigagli, Gabriel Cacho Millet, Lorenzo Cantatore, Sabino Caronia, Carmine Chiodo, Arnaldo Colasanti, Antonio Debenedetti, Andrea Di Consoli, Paolo Di Paolo, Donato Di Stasi, Giuseppe Di Stefano, Paolo Fallai, Francesco Paolo Firrao, Aldo Forbice, Biancamaria Frabotta, Emerico Giachery, Filippo La Porta, Giorgio Linguaglossa, Dante Maffìa, Walter Mauro, Gennaro Mercogliano, Eugenio Nastasi, Aldo Onorati, Elio Pecora, Plinio Perilli, Fabio Pierangeli, Mario Quattrucci, Eugenio Ragni, Davide Rondoni, Rosalma Salina Borello, Marino Sinibaldi, Francesco Sisinni, Maria Luisa Spaziani, Luca Verdone, Mario Verdone.
Il 17 luglio 1995 si è laureato, con lode, in Lettere moderne presso l’Università “La Sapienza” di Roma, discutendo la tesi sugli aspetti orfici della poesia di Dino Campana, relatori Stefano Giovanardi e Walter Pedullà. Tra il 1998 e il 2002 ha conseguito tre corsi di perfezionamento, presso le Università “La Sapienza” di Roma e “Roma Tre”.
Dal 2003 al 2006 è stato presidente dell’Università Popolare dei Castelli Romani.
Dal 2003 al 2007 è stato consulente editoriale e direttore della collana di teatro “La scaletta di Caronte” per l’editore Sovera Multimedia. Nel dicembre 2007 ha dato vita al settore letterario (EdiLet) dell’editore Edilazio, di cui dal 2008 è direttore editoriale. Per Edilazio dirige anche le collane “Ritratti d’autore”, “Castalia”, “Hemingway”, “Le opere e i giorni”, “La nave dei folli”.
È intervenuto come relatore in centinaia di presentazioni di libri e conferenze pubbliche. Ha tenuto corsi di italiano per stranieri. Ha insegnato materie letterarie presso licei e istituti di pubblica istruzione. Ha partecipato come ospite a trasmissioni radiofoniche di carattere culturale presso Radio Rai, emittenti private e web radio. Ha scritto decine di prefazioni e pubblicato articoli e interventi critici presso varie testate, tra cui “Il Messaggero”, “Il Tempo”, “Lazio ieri e oggi”, “Studium”, “Nuova Antologia”, “l’immaginazione”, “Polimnia”, “Poeti e Poesia”, “Orlando” e “Le Città”.